Redazione
5 mar 20222 min
L'inflazione galoppante, che sta riducendo il potere d'acquisto degli italiani, il crescente costo delle materie prime, dal vetro alle capsule, le restrizioni della pandemia e della guerra Russia-Ucraina. Ecco le principali preoccupazioni del mondo del vino.
Ciononostante, c'è un moderato ottimismo tra le griffe del vino made in Italy associate nell'Istituto Grandi Marchi (IGM). A evidenziarlo, il presidente IGM Piero Mastroberardino che, sulla base dei dati evidenziati da una ricerca IGM-Nomisma Wine Monitor, che ha sottolineato come "la leva prezzo non sia più così determinante per una scelta di un vino, a fronte del crescente interesse per le etichette autoctone e per i brand familiari al consumatore, soprattutto per le aziende di carattere storico.
Se da un lato il consumatore è più consapevole, dall'altro va un po' meno all'avventura nelle scelte di acquisto. Nel 2021 - ha precisato il produttore campano - senza avere le grandi spalle della ristorazione, le etichette note sono quelle vendute di più, anche attraverso l'apertura del canale online".
Certo le incognite non mancano: "Al Vinitaly come azienda - ha detto Mastroberardino - stimiamo di avere il 50% dei buyer in meno, e mancheranno quelli della Russia e Ucraina per noi finora mercati stabili. Ma, dopo lo stallo della pandemia, non la vedo così male. Il vino è un business che ha sofferto meno degli altri e l'agenda delle promozioni all'estero si sta di nuovo riempiendo. Mi sento di essere ottimista".
Dall'Umbria la produttrice Chiara Lungarotti guarda con speranza alla ripresa dei consumi evidenziata dalla ricerca IGM-Wine Monitor ma, sottolinea, "tutti noi abbiamo avuto difficoltà a reperire il vetro, i cartoni e le capsule in alluminio. Sono produzioni di comparti energivore che ci stanno proponendo bottiglie, tappi e etichette con listini aumentati per via delle bollette in rialzo. Chi, come noi, ha potere contrattuale con i fornitori regge, ma a soffrirne di più sono i piccoli produttori di vino".