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  • Immagine del redattoreRoberto Fazzina

OperaWine, la rassegna dei grandi vini italiani da una prospettiva estera

In concomitanza con il Vinitaly, si è tenuta l'undicesima edizione dell'evento organizzato dalla prestigiosa rivista americana Wine Spectator, che ha selezionato i migliori 130 vini italiani

Si è conclusa da pochi giorni il Vinitaly, e tra gli appuntamenti più attesi della kermesse non possiamo non citare l’ormai tradizionale anteprima di OperaWine, lo speciale evento organizzato in collaborazione con una delle riviste più prestigiose del mondo, Wine Spectator e tenutosi nelle Gallerie Mercatali.

La rivista americana ha selezionato 130 bottiglie di altrettante aziende vinicole provenienti da tutte le regioni di Italia, e che dal loro punto di vista rappresentano il top dell’enologia italiana. In totale erano presenti 9 bollicine, 22 bianchi, 97 rossi e 2 vini dolci, mentre le regioni più rappresentate sono state la Toscana con 36 vini, seguita da Piemonte e Veneto, rispettivamente con 20 e 19 etichette.

Va da sé che non c’è mai una classifica o una selezione che metta d’accordo tutti, ma ci può offrire uno spunto di riflessione. Una selezione come questa, stilata da Wine Spectator, una rivista di rilevanza mondiale (sia per la divulgazione che per i risvolti commerciali) è come un’istantanea scattata dall’estero. Ci aiuta a capire meglio come ci vedono gli altri, cosa ricercano e cosa apprezzano del settore vinicolo del belpaese.

Capiamo subito che dall’estero vedono l’Italia soprattutto come terra di grandi rossi (75% dei vini presenti). La fanno da padrone i vini toscani a base di uva sangiovese (Brunello in primis) e i piemontesi a base di uva nebbiolo (soprattutto Barolo), gli Amarone della Valpolicella e l’ormai consolidato fenomeno dei Supertuscan, apprezzati e ricercati da molti mercati esteri. Un’uva che suscita sempre maggior interesse, presente con ben 6 etichette, è l’Aglianico, varietà dalle grandi potenzialità ancora non del tutto espresse e su cui siamo convinti che il nostro sud debba sempre più puntare.

I bianchi sono ampiamente sottorappresentati rispetto ai rossi, cosa che ci deve far riflettere. Fino a pochi decenni fa erano veramente pochi i vini bianchi italiani importanti, soprattutto quelli con grande capacità di invecchiamento. I vini, in gran maggioranza dovevano essere leggeri, fruttati e beverini, da bere entro un anno dalla vendemmia. La situazione è migliorata molto negli anni grazie a tanti valorosi produttori che hanno dimostrato che anche in Italia era possibile produrre bianchi di maggiore complessità e con capacità di elevarsi in bottiglia. Per questo siamo convinti che, per avere un grande riconoscimento internazionale, i nostri bianchi debbano sempre di più lavorare su questa strada, le potenzialità e le capacità non mancano.

Per quanto riguarda le bollicine, oltre ad alcuni esemplari di quel fenomeno ormai mondiale rappresentato dal prosecco, vi è una presenza abbastanza scarsa dei metodi classici (4 in totale), ma questo non ci deve stupire, sono soprattutto un fenomeno nazionale e faticano ancora all’estero, soprattutto a causa dell’ingombrante presenza dello Champagne.

La categoria in cui tuttavia, notiamo una sproporzione tra la qualità dei prodotti italiani e la sua rappresentanza in questa selezione è nei vini dolci, solo 2 etichette su 130. L’Italia è quasi sicuramente il maggior produttore al mondo di vini passiti, vanta una tradizione antichissima e consolidata, una amplissima tipologia di stili, di tecniche e di uve. I vini vengono prodotti in molti angoli dello stivale, dalle Alpi alla Sicilia, spesso con picchi qualitativi elevatissimi. A nostro avviso, il problema dello scarso appeal che hanno verso l’estero non è tanto nei prodotti in sé quanto nella parcellizzazione della produzione, nel numero veramente elevato di DOC e DOCG, nella difficoltà nel raccontare questa complessità e nella mancanza di una visione di insieme.

Per non sottrarci al gioco della selezione, abbiamo comunque voluto scegliere 4 vini che ci hanno particolarmente colpiti all’assaggio, nonostante la difficoltà nel decidere, visto il livello altissimo di tutti i vini presenti. Tra le bolle abbiamo trovato veramente strepitoso il Brut Trento DOC Madame Martis Riserva 2009 della cantina Maso Martis. Un metodo classico da antologia, gran pienezza in bocca, complessità aromatica e una freschezza da far paura. Tra i bianchi, riecheggia il nome di una grande famiglia di produttori artigiani, Pieropan, con la punta di diamante della cantina, il Soave Classico DOC La Rocca 2015. Il vino ci ha esaltato per la sua finezza, la nettezza dei profumi e la bella evoluzione che lascia intravedere un ulteriore sviluppo nei prossimi anni. Per quanto riguarda i rossi, giù il cappello per il Barolo Vignarionda Riserva 2009 di Oddero, un vino commovente per la sua eleganza, il suo equilibrio e una lunghezza infinita. Dulcis in fundo, l’ormai famoso Ben Ryé, strepitoso Passito di Pantelleria DOC 2018 prodotto dalla cantina Donnafugata, la luce, i profumi e i sapori del Mediterraneo in un bicchiere.

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