Maria Rita Olivas
12 gen 20233 min
Se i profumi di un vino spesso ci svelano alcune caratteristiche del prodotto, dal vitigno alla zona di produzione, dalla tecnica di vinificazione all’affinamento, similmente i formaggi raccontano i segreti del latte, della sua lavorazione e del suo percorso caseario attraverso i sentori percepiti al naso e gli aromi di bocca.
Sono molte le famiglie alle quali si può ricondurre l’aromaticità di un formaggio ed è interessante notare come durante la maturazione, esattamente come per il vino, lo spettro aromatico di un prodotto si modifica, evolve e può diventare più complesso.
Possiamo articolare le sensazioni odorose in:
lattico, che spazia dalle note acidule di yogurt dei formaggi caprini, al burro fresco delle formaggelle vaccine, fino al burro fuso delle tome stagionate.
vegetale, ovvero l’erba tagliata e le piante aromatiche tipiche dei prodotti giovani, o il fieno essiccato di quelli maturati a lungo; è il ricordo di muschio della Mozzarella di Bufala Campana DOP, l'eco di brodo vegetale e cavolo nei formaggi a crosta lavata, come nel Munster AOP; il tartufo del Taleggio DOP; il fungino dei Brie e dei Camembert, a volte un delicato champignon, altre un deciso porcino; il fitto sottobosco degli erborinati.
floreale, tipico delle produzioni di alpeggio.
fruttato, come le nuance di ananas e banana nei formaggi a pasta semidura, di noce e nocciola in quelli a pasta dura, o di agrume nella Provola dei Nebrodi DOP.
tostato, come la caldarrosta nelle paste filate stagionate, il caffè in quelle affumicate.
speziato, come lo zafferano nel Bagoss, il pepe e il peperoncino nei pecorini.
animale, ovvero la sensazione olfattiva di pascolo e di stalla pulita che emanano certe tome di montagna, che diventa cuoio e brodo di carne dopo una lunga stagionatura.
E sfumature varie di miele, vinacce (nei formaggi "ubriachi"!), erbe balsamiche, cantina…
In primis, la materia prima, il latte, è all'origine di una parte dei profumi. Vacca, capra, pecora e bufala caratterizzano il latte di partenza con la diversa componente proteica e lipidica. Il latte di capra, in generale, sviluppa le caratteristiche note “ircine”, riconducibili all’animale, già dopo una breve maturazione, come si può sperimentare nella Robiola di Roccaverano DOP. Similmente, i pecorini risultano più intensi rispetto ai formaggi di latte vaccino di uguale stagionatura. Un altro parametro che influenza l’aromaticità è il tipo di allevamento: animali allevati a pascolo o in alpeggio, daranno un latte più ricco di essenze. Infine, il trattamento termico del latte: nei formaggi a latte crudo, non pastorizzato, rimane inalterata la flora microbiologica originale, che darà l'impronta peculiare del territorio di appartenenza e della sua biodiversità.
Durante il processo di produzione e di maturazione dei formaggi, i microrganismi presenti nel latte di partenza, insieme a quelli introdotti in caldaia (innesti di fermenti, caglio o muffe) rilasciano numerosi enzimi che trasformano le proteine in molecole più piccole (proteolisi) liberando sostanze volatili, e scompongono le catene dei lipidi (lipolisi) producendo acidi grassi liberi molto odorosi. Senza dimenticare la trasformazione del lattosio in acido lattico, che produce composti altrettanto aromatici.
Alcune tecniche di lavorazione, inoltre, accelerano le trasformazioni enzimatiche di proteine e lipidi, con un conseguente aumento della complessità olfattiva: sono i trattamenti delle croste fiorite - es. Brie e Camembert - la cui coltre bianca di spore presenti sulla superficie dona la caratteristica impronta fungina, e delle croste lavate - Taleggio DOP, Fontina DOP, Puzzone di Moena DOP - i cui lavaggi della crosta durante la maturazione sviluppano batteri che rilasciano effluvi di humus, sottobosco, animale e cuoio, nonché fragranze meno aggraziate, come alcuni composti solforati di particolare pungenza e la famigerata "puzza di piedi", di cui è responsabile il gas metantiolo.
Infine, anche i locali di affinamento possono influenzare i sentori dei formaggi.
Basti pensare all’intensità dei formaggi di fossa della Romagna e delle Marche: nata nel Medioevo per nascondere le forme dalle razzie delle bande di briganti, la pratica dell'infossamento è oggi utilizzata per creare un prodotto dalle sensazioni gusto-olfattive uniche.
Potremmo citare anche le robiole della Valsassina affinate nelle grotte naturali, o i caciocavalli lasciati a maturare nelle cavità di tufo della Campania, o i pecorini Canestrati di Moliterno IGP, stagionati in cantine chiamate “fondaci”, situate al di sopra dei 700 metri s.l.m. e con mura spesse 40 cm. Tutte situazioni in cui umidità, temperatura fresca e ventilazione favoriscono lo sviluppo di ceppi di batteri e di muffe odorose.
Un suggerimento: per assaporare meglio e valorizzare tutta l'aromaticità di un formaggio, lasciatelo qualche minuto fuori dal frigo prima di degustarlo.