Rosé Connection è il progetto triennale finanziato dalla Comunità Europea che vedrà i consorzi Valtènesi e CIVP uniti per promuovere identità e qualità del vino rosato in Germania, Olanda e Belgio
Il programma, definito nelle scorse settimane per partire ufficialmente con il ProWein in corso in questi giorni a Düsseldorf, è stato annunciato a Milano in collaborazione con AIS Lombardia, alla presenza dei responsabili dei rispettivi consorzi e del progetto.
La Provenza è la regione simbolo a livello mondiale per la produzione di vino rosato. Lo dicono i numeri: 160 milioni di bottiglie all’anno per il 4,3% della produzione mondiale di vini rosa. Non solo: oltre il 91% del vino provenzale (che riunisce le tre AOC Côtes de Provence, Coteaux d’Aix-En-Provence e Coteaux Varois en Provence) è rosato.
Che cos’ha in comune questo colosso con un territorio come la Valtènesi, mille ettari vitati sulla sponda bresciana del lago di Garda e una produzione di appena 2 milioni di bottiglie? Alessandro Luzzago ed Eric Pastorino, presidenti dei rispettivi consorzi, sono concordi: qualità, identità, specializzazione, metodo produttivo. Non ultimo il paesaggio, luminoso e acquatico, di sole e brezze, che ha reso entrambi i territori mete turistiche affermate e delle quali il vino rosato può rappresentare l’art de vivre.
Una partnership giunta a coronamento di un percorso iniziato da tempo, grazie alla lungimiranza del Consorzio Valtènesi, che nel 2014 aveva affidato al Centre du Rosé di Vidauban uno studio quinquennale sul profilo sensoriale dei propri rosati, occasione di confronto tra due territori vocati e specializzati, ma fiero ciascuno della propria identità. Non ultima quella ampelografica, che nei rosati del Garda vede protagonista il Groppello variamente affiancato da Marzemino, Sangiovese e Barbera, mentre i provenzali poggiano su Cinsault, Grenache, Mourvèdre e Syrah.
Il vino rosato viene talvolta percepito come un prodotto “a latere” del vino rosso. Non è così quando un territorio riconosce la propria vocazionalità nel rosato e si specializza in questa tipologia. Perché, come sottolinea il vicepresidente Mattia Vezzola, il rosato di qualità non nasce dall’improvvisazione di una vendemmia, ma è il frutto di una viticoltura dedicata che parte già dall’impianto della vigna e richiede scelte specifiche in ogni momento del ciclo annuale della pianta. Non secondaria è una raffinata tecnologia nella vinificazione, a tutela della fragilità, fondamento dell’eleganza di un rosé.
Va da sé che si tratta di scelte costose e rischiose: un rosato di qualità richiede più attenzioni di un vino rosso, ma il mercato non è disposto a pagarlo quanto il secondo. Il CIVP - Conseil Interprofessionnel des Vins de Provence osserva da quindici anni il consumo dei rosati nei diversi Paesi e, come spiega il direttore Brice Eymard, ha individuato nei Paesi europei oggetto del progetto attuale un importante potenziale di sviluppo, in particolare tra i consumatori millennials. Nei prossimi tre anni si investirà quindi molto sulla comunicazione, in particolare social con il supporto di influencer e poi sito web dedicato, degustazioni e festival, volti a far identificare Provenza e Valtènesi come punti di riferimento assoluti per il consumo di vini rosati di qualità.
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