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  • Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Zeno Raboso e il vino della misteriosa Garfagnana

Quindicesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.

Ludovico Ariosto. Di tutta la letteratura mal studiata e mal digerita durante la scuola dell'obbligo, il nome dell'autore dell'Orlando Furioso era tra i pochissimi che erano rimasti in testa a Zeno, addirittura più di Dante. E quando il suo capo Anacleto, una domenica all'ora di pranzo, lo chiamò per dirgli che l'indomani lo aspettavano in Garfagnana, in provincia di Lucca, per un intervento urgente, a Zeno venne in mente proprio l'Ariosto, ricordandosi che nel '500 gli Estensi lo inviarono a governare per un periodo quel territorio aspro e selvaggio. Se lo ricordava perché l'aveva preparata davvero bene quell'interrogazione, l'unica volta in cui si offrì volontario a scuola, salvando le sorti di molti suoi compagni.

Col tempo, si sa, la memoria si fa sempre più rarefatta e incerta e infatti ora si confondeva tra l'Orlando Furioso e quello innamorato, ma si ricordava benissimo del soggiorno di Ariosto in Garfagnana, terra il cui nome lo aveva sempre incuriosito, ma nella quale non c'era mai stato. E l'occasione si presentò a causa di un guasto per il quale erano necessarie la sua esperienza e perizia.

Partì il lunedì mattina all'alba. Ci sarebbero volute più di quattro ore, passando per Bologna e Firenze. Lo aspettavano in una grande falegnameria che sfruttava la vastissima estensione di faggete nella zona per produrre legname. Un guasto improvviso nel weekend minacciava di paralizzare a lungo la produzione e l'arrivo di Zeno era atteso come la venuta del messia.

Verso le dieci del mattino Zeno varcò finalmente il confine di quella valle autentica e selvaggia. Era sicuramente una Toscana diversa da quella più nota, da cartolina del Chianti o della Val d'Orcia. Situata a nord della regione, tra Emilia e Lunigiana, lungo la Via Francigena, mentre la percorreva a Zeno sembrava di essersi calato in un romanzo di Cavalieri Templari. Lungo la strada era tutto un susseguirsi di castelli, eremi, ponti gobbi, boschi e torrenti. Era così piacevole essersi lasciato alle spalle la frenesia dei grandi nodi autostradali. Ora poteva rilassarsi in quel verde lussureggiante, nonostante stesse andando a lavorare.

Zeno notò compiaciuto che la zona offriva anche molte trattorie che puntellavano le strade panoramiche. Sembravano le vecchie osterie di una volta, ancestrali luoghi di sosta e ristoro per lavoratori, tutti rigorosamente in curva. Proprio il tipo di locali a lui più congeniali. Dentro di sé non vedeva l'ora di sbrigarsi con il lavoro per dedicarsi alla scoperta dell'enogastronomia locale.

Di vigneti ne vide, non moltissimi sinceramente, tutti ben disposti e ordinati su pendii ben soleggiati, ma sicuramente ostili a un'agevole coltura. Scorse un contadino che lavorava la terra in salita con un piccolo trattore a cingoli e non lo invidiò per niente.

Non era ancora arrivato a destinazione, ma un attacco di stanchezza lo spinse a fermarsi al primo bar che incontrò sulla provinciale. Zeno entrò e notò che non c'era nessuno. Chiamò ad alta voce per annunciarsi e dalla cucina spuntò un robusto signore sulla sessantina, che con fare gentile salutò e chiese a Zeno cosa desiderasse. Anche l'inflessione non era quella tipica toscana, aveva un che di montanaro e riservato.

Zeno bevve un caffè per riprendersi e chiese all'oste che vini ci fossero da quelle parti. Voleva rientrare in Veneto con una bottiglia di un nuovo vino da aprire con Ester. Inaspettatamente il barista si dimostrò molto sul pezzo in materia enologica e gli elencò diversi vini tipici della Lucchesia e della Garfagnana, vendendogli alla fine a 20 euro una bottiglia di pinot nero in purezza prodotto da una cantina locale. Sull'etichetta c'era un buffo e al tempo stesso inquietante disegno. L'oste notò lo sguardo indagatore di Zeno e gli spiegò che si trattava di Buffardello, un folletto burlone dei boschi della Garfagnana, viene chiamato anche Linchetto. Non ha un aspetto ufficiale, per alcune comunità montane è uno gnomo, per altre un fantasma o un animale notturno capace di versi terribili. L'unica cosa sicura è che si tratta di un essere molto dispettoso e conviene non farlo arrabbiare.

"Che terra misteriosa!" pensò Zeno salutando e tornando al suo furgone. Si rimise in strada, non mancava molto ormai alla falegnameria. Lo sguardo di Zeno ormai si era abituato alla bellezza naturalistica e storica di questa terra. I borghi medioevali si avvicendavano uno dopo l'altro, tante perle da esplorare in un'atmosfera sospesa, con una presenza umana quasi impercettibile. Ad un certo punto, subito dopo una curva, Zeno vide qualcosa che lo ipnotizzò. Un ponte antico, dalla forma stranissima attraversava un fiume collegando le due sponde di un paesino. Zeno sapeva che alla falegnameria lo aspettavano con ansia, ma non seppe resistere al desiderio di fermarsi un attimo per contemplare da vicino la bellezza di quell'opera ingegneristica davvero singolare. Scese dal furgone, portandosi anche la bottiglia appena acquistata al bar, aveva pensato di scattare una foto artistica con la bottiglia sul ponte da inviare a Ester.

Mentre attraversava la strada, guardando rapito il ponte, lesse su un cartello che si trattava del Ponte della Maddalena, risalente all'XI secolo, detto anche Ponte della Maddalena, iniziato da Matilde di Canossa e completato da Castruccio Castracani, ma sulla cui costruzione aleggiavano molte leggende noir.

Non c'era davvero anima viva in giro. Zeno andò a posizionare la bottiglia in cima all'ampissimo arco e poi scese dalle scale per scattare la foto dal basso. Mentre cercava l'inquadratura migliore con il suo cellulare avvertì una strana sensazione, ma non capiva. Ad un certo punto realizzò: non c'era più la bottiglia di vino. Ma com'era possibile? Non poteva essere caduta, l'aveva posizionata con cura e non tirava un filo di vento. In giro non c'era nessuno... non sarà mica stato Buffardello? pensò per un attimo. Porca miseria, venti euro di bottiglia spariti così... Davvero misteriosa la Garfagnana.

(continua)

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