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  • Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Federico Fellini, cinema, Romagna e sangiovese.

Nasceva il 20 gennaio 1920 il Maestro del cinema italiano, regista onirico e impareggiabile, nei cui film scorre anche tanto vino. Brindiamo al suo ricordo con un Sangiovese della sua Romagna.

"Un buon vino è come un buon film: dura un istante e ti lascia in bocca un sapore di gloria; è nuovo ad orni sorso e, come avviene con i film, nasce e rinasce in ogni assaggiatore." (Federico Fellini, 1920-1993).

Nonostante non si abbia notizia che Federico Fellini fosse un gran bevitore, questa sua frase ci rivela invece che aveva capito tutto del vino. Se non altro del modo in cui viverlo e goderlo.

Nasceva oggi, il 20 gennaio del 1920, nella sua amata, ma anche un po’ troppo provinciale Rimini, uno dei talenti più brillanti della cultura italiana del Novecento, regista unico e immenso.

Si trasferì, giovane studente, a Roma perché Rimini gli stava stretta, ma la sua terra, la sua gente e il suo vino rimasero vivi nelle sue opere.

In Amarcord, mitica pellicola del 1973, il Sangiovese scorre prepotente sulle tavole dei protagonisti delle vicende di una Rimini degli anni Trenta, in pieno fascismo. Ma anche negli altri capolavori di Fellini il nettare di Bacco è protagonista. Probabilmente Fellini Satyricon del 1969 è il film in cui il vino è più presente e celebrato, in modo addirittura esagerato e ingordo. Ma come non ricordare l’atmosfera da aperitivi e locali festosi nella Dolce Vita del 1960, che ci dà una fotografia della capitale e di un nuovo stile di vita durante il boom economico. Il vino, legato ai sogni e alle visioni, c’è anche in 8 ½ e del resto a Marcello Mastroianni, a differenza di Fellini, pare che il bicchiere non dispiacesse affatto. E poi in Roma del 1972 riecheggiano i brindisi dei borgatari sguaiati delle trattorie romane all’aperto. Insomma, anche per Fellini in vino veritas.

A noi piace ricordare soprattutto il Sangiovese in fiaschi presente in tante scene di Amarcord, in particolare nella cucina della famiglia Biondi, dove il nonno racconta al nipote Titta, giovane e autobiografico protagonista del film, che grazie a quel vino il suo nonno, “el bab de mi bab”, chiamato il Carnazza, era arrivato fino a 97 anni a fare ancora “zan zan”.

Artista indimenticabile, visionario, che raggiunse un successo planetario con i suoi film che sono capolavori che hanno sempre immaginato il futuro intrecciando presente e passato. Brindiamo allora al ricordo di Fellini con un Sangiovese fresco e morbido della Doc Romagna.


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