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  • Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Zeno Raboso e il distributore automatico di prosecco

Sedicesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.

La primavera era nell’aria da diverse settimane, anche se era definitivamente esplosa solo da pochi giorni. Le giornate si erano finalmente allungate, anche grazie al cambio dell’ora legale. In paese il bar della piazza era ora sempre ben affollato, sia prima che dopo cena, soprattutto all’esterno, dove fino alla sera tardi le compagnie di ragazzi si fermavano a discutere di calcio, lavoro, politica e moda, accompagnando le loro chiacchiere con qualche bicchiere e altrettante sigarette. Era pur sempre un modo per passare il tempo e dare un senso alla vita.

In quei giorni, poi, il barista era particolarmente euforico. Si sentiva infatti al settimo cielo perché gli affari al bar gli stavano andando alla grande grazie a una sua intuizione, di cui andava molto fiero. Aveva installato sul plateatico una “stazione di autorifornimento di prosecco” dall’insegna latineggiante: “CUI PROSEC?”. Era un distributore fai da te. Una roba che non si era mai vista. Funzionava così: il cliente si faceva consegnare dall’oste un calice di vetro e poi poteva rabboccarlo a colpi da uno, due o tre euro in base alla sete.

Era un mite giovedì sera e, mentre Zeno Raboso si spillava il secondo prosecco, dopo aver scambiato qualche chiacchiera a caso con gli altri avventori, che erano poi quasi sempre i soliti, arrivò Ester. Ogni volta che la incontrava Zeno provava una piacevole sensazione di benessere. Forse era la compagna giusta. Forse era quella la felicità e forse, pensava fra sé e sé, era arrivato il momento di farsi un po’ di coraggio e chiederle di andare a vivere insieme. Solo loro due, come una coppia vera e ufficiale, senza via di fuga e possibilità di rifugiarsi ogni sera nell’involucro protettivo delle rispettive case e famiglie.

Così, in quella sera primaverile, fuori dal bar, davanti al distributore automatico di prosecco, Zeno avanzò la proposta a Ester. Indubbiamente una delle azioni più coraggiose e responsabili della sua vita e, forse, anche grazie al prosecco. Glielo disse come un fatto oggettivo, con i suoi modi semplici e diretti, apparentemente senza trasporto e sentimento, perché a suo parere era giunta l’ora e basta. Ester sorrise di timidezza e imbarazzo, ma anche di gioia. Anche per lei i tempi erano diventati maturi. Loro stessi erano ormai maturi, non erano più dei ragazzi, ma due adulti che avevano versato ormai già diversi contributi.

Per festeggiare Ester andò subito a procurarsi un bicchiere e inserì tre euro nel distributore di prosecco. Non erano tipi da smancerie ed effusioni in pubblico e si limitarono a un sonoro brindisi alla nuova vita che li attendeva. Iniziarono a parlare di case, di dove andare, se da lui, da lei o in affitto in nuovo appartamento. Optarono per quest’ultima soluzione. Ma da quando? Era giovedì e pensarono che il weekend oramai alle porte si presentava come il momento giusto per dedicare tutto il tempo necessario alle operazioni previste dalla loro decisione, la ricerca della casa in primis. Di scuro si trattava di una di quelle decisioni che possono segnare una vita e, al pensiero, andarono a rabboccare i loro prosecchi.

Nel frattempo i loro discorsi fatti di sogni e progetti erano sempre più sommersi dal via vai continuo e dal vociare dei tanti clienti che andavano ad autospillarsi le loro consumazioni. Zeno ed Ester erano seduti su una panchetta proprio di fianco all’erogatore automatico, che ormai aveva acquisito un significato simbolico, stava diventando una specie di fonte battesimale sacra che avrebbe benedetto la loro unione, rendendola più vera e seria. E in questo non c’era nulla di sacrilego, considerando dalle parti di Zeno, in campagna, da sempre il battesimo si è svolto anche con un rito extracanonico: Il santolo, ovvero il padrino, dopo il battesimo in Chiesa portava il bambino in osteria per bagnargli le labbra con un goccio di prosecco, come un’iniziazione.

La panchetta, invece, era sempre più fonte sacrale e Zeno avvertì un forte dolore ai bassi fondi, provocato dal lungo tempo trascorso seduto su quel duro asse di legno. Così si alzò per sgranchirsi le gambe e continuò a parlare con Ester. Il loro rapporto, probabilmente anche per la loro non più tenera età, non era fatto di un amore urlato e focoso, ma di un sentimento leggero e invincibile. Si piacevano, ma soprattutto si rispettavano molto. E, mentre nel nome del prosecco si prendevano il grande impegno di iniziare una nuova fase della loro vita insieme, stabilirono che la loro abitazione doveva prevedere due zone imprescindibili: il bar e la cantina. Poi iniziarono a organizzare idealmente la loro dispensa. Avrebbero sempre tenuto un cospicuo fondo di vini bianchi e rossi (più bianchi), ma non dovevano mai mancare in frigo delle bollicine fresche e persistenti, pronte a dissetarli al rientro dal lavoro, anche a dicembre.

Ormai al quinto rabbocco, Zeno ed Ester fantasticavano a ruota libera sulla loro prossima convivenza quando quasi davanti a loro parcheggiò la sua macchina Anacleto, che scese dall’auto e si diresse con passo deciso verso Zeno.

“Sapevo di trovarti qui, ma non sentivi il cellulare? Ti avrò chiamato venti volte…comunque domani mattina devi partire presto per Merano, c’è un guasto alle terme e sono previsti tre giorni di lavoro. Ti pagherò gli straordinari per il weekend….”.

Zeno soffocò dentro di sé un paio di bestemmie. Il fine settimana che si prospettava come il primo tassello del loro ménage era improvvisamente saltato. Guardò dispiaciuto Ester, che lo ricambiò con un dolcissimo sorriso di comprensione.

“Speriamo che non sia sempre per colpa delle bollicine”, pensò Zeno.

(continua)

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