Ventinovesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.
Si sa che con i temporali di fine agosto l’estate inizia a portarsi avanti con i saluti e gli arrivederci all’anno prossimo. All’interno del piccolo trullo ristrutturato alla buona da suo cugino, il rumore della pioggia e dei tuoni copriva il respiro di Ester, che dormiva profondamente accanto a lui. Zeno Raboso era sveglio nel cuore della sua ultima notte di vacanze a scrocco dai parenti pugliesi che per anni non aveva visto né, tantomeno, sentito. Erano quasi degli sconosciuti per lui, ma l’ospitalità era stata commovente.
Erano state delle vere vacanze, come non faceva da tempo. Grazie a Ester e al suo spirito organizzativo aveva trascorso giorni indimenticabili. Avevano visto spiagge incredibili e visitato borghi che sembravano dipinti. Per non parlare delle mangiate pantagrueliche, soprattutto a casa di parenti. Certo, se ne erano andati via parecchi soldi e questo pensiero non mollava Zeno. Ma erano stati bene e questa era la cosa che contava davvero.
Mentre Zeno ripensava ai bei momenti appena trascorsi, iniziò ad agitarsi all’idea di rientrare a casa. Era già in preda allo stress da ritorno al lavoro. Gli occhi spalancati, il battito cardiaco accelerato e un filo di sudore gli tennero compagnia per quasi due ore, mentre Ester continuava a dormire saporitamente. Pensò alle spese folli (per lui erano senz’altro folli) di quella settimana, le cene fuori, i souvenirs, quegli acquisti di abbigliamento che non servivano, ma che gli stavano così bene, le lattine di olio d’oliva, la damigiana di vino rosato… non aveva mai speso così tanto in vacanza e questa cosa gli procurava una fastidiosa sensazione di vertigine.
Fortunatamente Zeno riuscì a riaddormentarsi e il giorno seguente poté ripartire, dopo una lunghissima processione di parenti che si presentarono al trullo per i saluti a mo’ dei Re Magi, pieni di doni da portare su al nord, come frutta, verdura, sottoli e sottaceti, caffè, pasta, pane e frise.
Il viaggio fu davvero lungo e trafficato, ma quando finalmente entrarono in casa, Zeno ed Ester si abbracciarono come se avessero vinto una partita. Arrivarono a metà pomeriggio e si misero subito a sistemare le valigie, a far lavatrici, a pulire l’auto e a organizzare al meglio la marea di viveri che si erano portati da giù. Ester era tutta presa e indaffarata, ma sul suo volto era visibile la soddisfazione per la vacanza appena trascorsa. Zeno, invece, aveva stampata un’espressione seria e contrita, come se avesse fatto qualcosa di male. L’idea di ricominciare l’indomani con la solita routine lo mortificava, ma allo stesso tempo non vedeva l’ora di andare a lavorare per far scorrere il più velocemente possibile quella dimensione di indeterminatezza. Un limbo.
Erano quasi le sei del pomeriggio e faceva ancora abbastanza caldo, anche se non più soffocante come prima delle vacanze. Zeno si avvicinò al frigorifero e scoprì che dentro c’erano due bottiglie di prosecco che trasudavano freschezza. Zeno si sentì subito meglio. Per una settimana aveva bevuto vini molto buoni, ma piuttosto forti per i suoi gusti. Il rosato salentino da frigo era ottimo e beverino, ma si faceva sentire, come del resto anche lo chardonnay o il primitivo. Vini eccezionali ma potenti e Zeno ora aveva un gran bisogno di leggerezza. Ci voleva il prosecco e, mentre lo beveva a grandi sorsate, si rese conto che gli era mancato parecchio.
Anche quella sera a casa sua Zeno dormì male, assalito da tanti pensieri, legati soprattutto al lavoro.
Quando il mattino seguente rivide il suo capo Anacleto, i colleghi e il suo inseparabile furgone attrezzato, Zeno tutto sommato si rasserenò, ma gli rimaneva sempre una punta di ansia mista a malinconia, che non riusciva proprio a scrollarsi di dosso.
Conclusa la giornata lavorativa, Zeno si recò al bar in piazza, senza grandi aspettative ed entusiasmo. Salutò l’oste e gli chiese uno spritz bianco, mentre cercava tra i tavoli la Gazzetta dello Sport. Stava leggendo le ultime sul mercato della serie A quando in bar entrò Alberto, un suo vecchio amico che non vedeva da una vita, accompagnato da un tipo singolare, elegantissimo e con dei vistosi occhiali a specchio, che salutò tutti pronunciando ad alta voce una strana frase in inglese: “September is the new January!”. Tutti rimasero in silenzio. I due si avvicinarono a Zeno e Alberto si sedette al suo tavolo presentandogli Renzo.
Renzo iniziò subito a chiacchierare spiegando che faceva da anni il broker e che era alla ricerca di nuovi collaboratori per il tuo team vincente. Parlò di opportunità, di soldi facili di smart working e disse a Zeno che il rientro dalle vacanze per lui è sempre stato il periodo migliore per reclutare personale. Gli spiegò che si chiama PVS, Post Vacation Syndrome, sindrome da rientro dalle vacanze, che comporta livelli di stress più o meno marcati che portano molte persone a mettere in discussione la propria situazione lavorativa, cercando una nuova occupazione o addirittura, dimettendosi.
“Io sono il rimedio allo stress da rientro” concluse Renzo allargando le braccia e sfoderando un sorriso da trentadue denti o quasi. “Zeno, vuoi lavorare con noi?”.
Alberto rivelò a Zeno che si era unito al team di Renzo solo da poche settimane e stava già raccogliendo i frutti del nuovo lavoro, facile e redditizio. Si trattava di vendere polizze assicurative e non serviva nessuna preparazione, bastava solo essere un po’ loquaci.
Mentre Renzo e Alberto iniziarono determinati la loro strategia di convincimento, Zeno iniziò a ordinare giri di prosecchi per tutti e tre perché ritenne che l’argomento meritasse un giusto accompagnamento.
Al quarto prosecco, Renzo, che probabilmente non reggeva bene l’alcol, iniziò a smarrirsi, biascicava e non riusciva più a concludere le frasi, con evidente imbarazzo di Alberto. Tentò addirittura in maniera maldestra di vendere a Zeno una polizza provando in modo truffaldino a estorcergli una firma con la scusa di vedere la sua calligrafia.
Zeno a quel punto si alzò pagò i prosecchi e se ne andò senza salutare, pensando che la frase latina “in vino veritas” in effetti era azzeccata.
E per una volta non fu colpa delle bollicine, anzi…
(continua)
Comments