Quarantatreesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore
Zeno Raboso non sapeva sciare. Non ci aveva mai provato e, sinceramente, non gli era nemmeno mai venuto in mente di farlo. Da ragazzo l'unico sport che aveva praticato era stato il calcio e in paese e nel giro dei suoi compagni di classe non aveva mai frequentato amici che sciassero.
Però la montagna a Zeno piaceva. Aveva la fortuna di ritrovarsi le Dolomiti a poco più di un'ora di strada e spesso, soprattutto in estate, prendeva la via per le Alpi.
Gli piaceva lo spirito della montagna, fatto di una natura dominante e solitaria. Amava camminare lungo i sentieri che si snodavano tra boschi, pascoli e crode, fino a raggiungere l'agognato rifugio, dove consumare con fame e sete una cucina povera, ma sostanziosa.
Da pochi mesi, in paese, aveva coraggiosamente aperto un nuovo negozio di abbigliamento sportivo, specializzato in attrezzatura per sport invernali. Molto rapidamente tra i ragazzi del posto si diffuse la passione per lo sci e, addirittura, venne creato un piccolo sci club, con sede nel negozio. Dalla fine di novembre erano iniziati i viaggi organizzati nei weekend per gli iscritti: in paese era ufficialmente dilagata una nuova mania.
Il pacchetto viaggio comprendeva per la cifra di 250 euro un'esperienza completa sulla neve: pernottamento in un residence rimasto agli anni 80 non lontano da Cortina d'Ampezzo, pasti e colazioni, noleggio attrezzatura per sciare e skipass. Si partiva il sabato mattina all'alba e il rientro avveniva di solito verso l'ora di cena della domenica. I compaesani avevano aderito con entusiasmo all'iniziativa e anche Ester, la compagna di Zeno Raboso, si era iscritta allo sci club e aveva partecipato a un paio di uscite.
Ester sapeva sciare discretamente. Aveva messo gli sci ai piedi già da bambina e veniva giù sicura da qualsiasi tipo di pista. Aveva tentato più volte di convincere Zeno a fare qualche lezione con un maestro per imparare a sciare, ma a lui non interessava proprio.
Non era quella la sua dimensione della montagna. Lui preferiva la fascia prealpina del Bellunese, in cui sapeva dove trovare ancora vecchie osterie con il camino al centro della sala e le panchine tutt'intorno. Gli piaceva sedersi lì, prendersi un vino frizzantino bianco, mangiare un po' di polenta con i funghi e ascoltare, in un dialetto simile al suo ma diverso, i discorsi di cacciatori, boscaioli e uomini di fatica, che parlavano della loro vita di montagna.
Però Ester non mollava, voleva a tutti i costi coinvolgere Zeno e portarlo a sciare. Così finalmente riuscì a convincerlo a prenotare un soggiorno tra le piste per il ponte dell'Immacolata, promettendogli che gli avrebbe fatto assaggiare degli ottimi vini delle Dolomiti suggeriti da un suo collega esperto del buon bere.
Era l'apertura ufficiale della stagione invernale ed Ester si sentiva investita della missione di mettere per la prima volta sugli sci un uomo di quarantacinque anni suonati, di corporatura robusta e che, peraltro, non amava il freddo.
Zeno invece, dopo aver accettato la proposta di Ester, non ci pensò più finché non si ritrovò con gli sci attaccati agli scarponi, che gli procuravano un discreto dolore ai piedi. Lui era tutto proiettato su rifugi, baite, piatti caldi e la grappa alle nocciole, la sua preferita.
Il terrore però iniziò a manifestarsi non appena Zeno tentò di avanzare con gli sci verso la seggiovia. Non riusciva letteralmente a reggersi in piedi, manco fosse ubriaco. Si sentiva imbranato, inadeguato e l'imbarazzo gli impediva di concentrarsi per trovare l'equilibrio. Cadeva in continuazione, si appoggiava alle altre persone e ogni tanto gli si divaricavano le gambe come a una ballerina che fa la spaccata.
La giornata era iniziata decisamente male e proseguì ancora peggio. Al termine della seggiovia, che Zeno riuscì a prendere solo dopo aver staccato gli sci, lo attendeva lo ski-lift. Su quella padellina non riusciva proprio a sedersi e a farsi trascinare verso le piste, in alto.
Nonostante gli aiuti di Ester e di altri sciatori, Zeno continuava a inciampare e a cadere. Vinto dalla frustrazione, si tolse gli sci e scalò, a piedi, con gli scarponi doloranti, tutta la risalita dello ski-lift. Arrivò su in cima dopo quasi un'ora di puro sforzo muscolare, madido di sudore e paonazzo. Ester, preoccupatissima perché non lo vedeva arrivare, capì che stava finalmente sopraggiungendo dalle imprecazioni che sentiva provenire da sotto, verso il bosco.
Zeno tirò dritto, scuro in volto, dirigendosi stremato verso il bar del rifugio a ordinare un bombardino per riordinare le idee.
Poi si avvicinò a Ester, stravolto ma calmissimo, e le disse: "Tu scia pure fino a dopodomani, io mi cerco un po' di cantine da visitare. Questa è zona da vini eroici, non da sciatori eroici...".
(continua)
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