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  • Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Zeno Raboso e le cene di Natale

Quarantaduesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore

Ormai il Natale era alle porte. In paese le luminarie erano già accese e le vetrine dei pochi negozi del centro erano tutte decorate per le feste. Fuori dal bar in piazza c'era un originalissimo albero di Natale addobbato solo con i tappi delle bottiglie di vino, colorati di oro o argento.

Vista la crisi degli ultimi anni, con una recessione costante, il tema dei soldi pubblici per le luminarie e le altre iniziative volte a sostenere le attività commerciali locali durante le festività era molto sentito. I commercianti del centro, già affondati dalla diffusione dei mega centri commerciali, si lamentavano che l'amministrazione comunale non li aiutasse abbastanza. Dall'altra parte, i cittadini ritenevano che i fondi pubblici fosse più giusto destinarli a usi socialmente più utili a tutti.

Al di là di questa annosa querelle che assumeva i toni dell'eterna lotta tra il bene e il male, verso Natale si affollavano sempre una serie di impegni e urgenze tali da rendere le prime tre settimane di dicembre uno dei periodi più stressanti e caotici dell'anno. Al lavoro sembrava che a Natale il mondo finisse, che bisognava per forza chiudere tutto, progetti, forniture, commesse, fatture... insomma tutte attività normali e routinarie, che sotto le feste natalizie diventavano ultimatum di guerra.

Era senz'altro un periodo frenetico, tutto di corsa. Corse per i regali, per il lavoro e per non parlare della programmazione delle cene di Natale con i vari gruppi.

Anche Zeno Raboso era impegnatissimo in questo fronte, essendo coinvolto in più gruppi, dagli amici storici al gruppo del calcetto, i colleghi, la Proloco e poi tanti altri inviti collaterali. Erano tutte cene impegnative, perché in provincia nemmeno un menù a base di pesce è leggero.

Era un vero tour de force per Zeno. Ma ne andava fiero, orgoglioso di superare indenne il filotto di cene programmate e presentarsi fresco e spumeggiante per il Natale in famiglia, altra prova di forza dal punto di vista enogastronomico.

Non me aveva mai saltata una di queste cene, tutti dicevano che Zeno era come il panettone, quando c'è lui allora sì che era vera cena di Natale.

Al di là del rito e delle abitudini, queste cene si rivelavano sempre delle serate pazzesche, con situazioni esilaranti, colpi di scena, scoop, gossip e carrambate. Con il vino che ovviamente la faceva da padrone e facilitava lo sviluppo della serata.

Anche Zeno, tendenzialmente tranquillo e riservato, dopo qualche bicchiere si lasciava andare con battute, barzellette e l'imperdibile performance al karaoke.

Sì, perché da quella prima puntata nel lontano 1993 dalla piazza di Mantova, con un giovanissimo Fiorello con codino e paltò scuro, Zeno era rimasto folgorato da quella nuova formula di intrattenimento collettivo, il karaoke.

Gli era sempre piaciuto cantare. Lo faceva puntualmente sotto la doccia, al lavoro, all'apice di una cena fra amici. Con il primo stipendio aveva comprato anche il "karaoke portatile", una specie di cassa amplificata con le ruote, con microfono e mangianastro dotato di doppia cassetta con tutte le versioni strumentali, senza voce, dei più grandi successi italiani, tutti da cantare.

Lo aveva tirato fuori a sorpresa durante la festa dell'ultimo dell'anno che, diciottenne, aveva organizzato all'oratorio con i suoi amici. Era stato un successone, nonché la svolta di una serata senza eccessivi picchi di entusiasmo. Da allora Zeno Raboso, per gli amici, era diventato il Fiorello del Basso Piave, il ragazzo del karaoke e, anche se gli stavano malissimo, si era lasciato crescere i capelli per farsi il codino e assomigliare il più possibile allo showman di Catania.

Col passare del tempo la moda del karaoke era oggettivamente scemata fino a scomparire. Ma non per Zeno e per alcuni rari pub di provincia sperduti tra i campi, dove microfoni e megaschermi su cui scorrono i testi delle canzoni regnano ancora sovrani.

Conoscendo questa passione di Zeno, il suo capo di Anacleto decise di organizzare la cena di Natale della ditta presso il pub Imperiale, in un paese vicino. Un locale alla moda, con specialità carne alla griglia, hamburger ricercati e pollo allo spiedo, il tutto molto american style. Servivano anche ottime birre artigianali, ma la sua peculiarità era l'impianto di karaoke più grande della provincia.

Zeno sinceramente non aveva prestato particolare attenzione all'invito di Anacleto, sapeva solo che sarebbe stata la quarta e ultima cena di Natale della settimana, di venerdì.

Quel venerdì Anacleto fece lavorare i suoi ragazzi solo mezza giornata, raccomandandosi che si presentassero la sera puntuali al pub.

Solo quando uscì di casa con Ester, la sua compagna, Zeno si rese conto che non sarebbero andati a cena in un ristorante: "Caspita, ma andiamo in un pub!" esclamò, rivolgendosi a Ester.

"Beh, qual è il problema? A parte che si tratta di un posto molto carino e di tendenza, ma poi per me è una scelta originale per un cena di Natale", commentò Ester.

"Sarà... ma in un pub non c'è il vino, mi toccherà bere birra e andare in bagno in continuazione".

Zeno non era per niente entusiasta della scelta di Anacleto e faticava a comprenderne le ragioni. L'anno al lavoro era andato alla grande e se pensava alle precedenti cene a base di pesce e Franciacorta...

Ma presto Zeno si dovette ricredere. Per i suoi dipendenti Anacleto aveva riservato un'intera sala, la più grande. C'era un impianto karaoke a uso esclusivo, un caldissimo caminetto è un menù davvero ricco e gustoso. Però tutta quella birra toglieva un po' di poesia a Zeno che non si sentiva nemmeno tanto in vena di cantare. Andò al bagno e, passando davanti a dei frigoriferi a vetro con le birre, notò con la coda dell'occhio una bottiglia diversa. Era uno Champagne Ruinart del 2010.

Zeno la prese sotto lo sguardo accigliato del titolare del pub, andò da lui e gli chiese quanto costasse. Si accordarono per un prezzo molto buono e Zeno si presentò al suo tavolo con la bottiglia, seguito dal cameriere con i mano i calici da champagne.

La serata svoltò, Zeno ritornò a essere raggiante e si fiondò sul microfono per cantare il suo cavallo di battaglia, Stella stai di Umberto Tozzi. E Zeno pensò che ancora una volta il suo destino era legato alle bollicine... questa volta un po' care però!

(continua)



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