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Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Zeno Raboso e l'iscrizione in palestra

Ventisettesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.

Negli ultimi tempi Zeno Raboso aveva messo su qualche chilo e, in particolar modo quand’era seduto, si intravedeva una bella pancetta. Non era mai stato un fuscello, onestamente. Era sempre stato tendenzialmente robusto, con un fisico comunque sportivo e tonico che, a distanza di anni, ancora beneficiava dei tanti allenamenti fatti quando da ragazzo giocava a calcio.

Zeno era comunque una buona forchetta. Anche da bambino aveva sempre mangiato tanto. Quando da bambino andava con i suoi genitori a pranzo da parenti, i vari zii e cugini rimanevano sempre sorpresi dall’appetito di Zeno e suo papà ripeteva orgoglioso la frase “a Zeno conviene comprare un paio di scarpe nuove piuttosto che invitarlo a pranzo!”. Tutti ridevano e Zeno affondava i denti dentro altre salsicce per corroborare le parole del padre.

Dopo aver compiuto i quarant’anni, Zeno si era reso conto che qualcosa nel suo corpo era cambiato. Non smaltiva più come una vota. Le mangiate e le bevute ora incidevano decisamente di più. E non è che mangiasse tanto come una volta, aveva addirittura imparato a trattenersi. Lo fregava, senza dubbio, il fatto che mangiasse troppo velocemente, come se avesse fretta o temesse che gli rubassero il cibo dal piatto. Che fosse una pastasciutta o una pizza, quando gli altri commensali non erano nemmeno a metà porzione, Zeno si era già praticamente dimenticata cosa avesse mangiato. Un fulmine.

E poi, anche se lui minimizzava, c’era il vino, che Zeno beveva regolarmente e senza parsimonia. Zeno minimizzava nel senso che, secondo lui, non bevendo superalcolici e bevendo solo vino bianco, più di tanto non influiva sul suo peso e sulla condizione fisica in generale. Non era sostanzioso come il vino rosso per intenderci. E inoltre lui spesso lo allungava con l’acqua quando aveva molta sete. Insomma, il vino non aveva intenzione di mollarlo.

Bisogna dire che da quando stava insieme con Ester, lei, con delicatezza, ogni tanto gli faceva notare che aveva messo su un po’ di pancia. Gli aveva anche detto che forse riducendo il volume di spritz e prosecchi si sarebbe asciugato. Ma Zeno non ci sentiva proprio e ribatteva che il suo vero problema era che non faceva più sport. Ormai a calcetto con gli amici giocava sempre più di rado e in generale con i suoi ritmi lavorativi non riusciva a trovare tempo ed energia per andare a correre lungo il Piave. Se solo fosse riuscito a ritagliarsi lo spazio per due o tre allenamenti a settimana, sarebbe rientrato nel suo peso forma, garantito!

Ma le donne non sono fatte per i periodi ipotetici e, senza dire nulla a Zeno, Ester lo iscrisse in una palestra che si trovava a pochi chilometri da casa loro e gli organizzò a sorpresa la giornata di prova. Gli preparò di nascosto la borsa con completino da ginnastica, asciugamani e cambi vari e, facendo un po’ la misteriosa, diede appuntamento a Zeno per il dopo lavoro in un bar che frequentavano spesso per l’aperitivo, situato proprio di fronte alla palestra.

Zeno si presentò puntualissimo all’appuntamento e aveva già una gran sete di bollicine, il minimo che si meritava dopo una lunga giornata di lavoro. Ester era già lì ad aspettarlo e quando vide Zeno che con il braccio alzato e le due dita a forma di “vittoria” stava per ordinare al volo due prosecchi al barista, lo bloccò in tempo. Zeno la guardò esterrefatto, come tradito, ma non fece in tempo a chiederle il perché che Ester, indicandogli il lato opposto della strada, gli disse che sarebbero andati in palestra. Lì Zeno si fece attonito.

Ti ho preparato tutto io, anche i documenti e il certificato medico. Vieni, ti accompagno”.

Entrando in palestra, Zeno venne accolto da un mix di profumi che andavano dal docciaschiuma al deodorante per ambienti, ben diverso dall’odore acre della sua officina. Vide passare alcune ragazze con dei fisici perfetti, forse l’ultima volta che ne aveva viste così era stata qualche anno prima in un lap-dance per l’addio al celibato di un suo amico. Passarono anche dei maschi che sembravano dei Bronzi di Riace.

Ma che ci facciamo qui?” chiese Zeno.

Hai detto che ti basta ricominciare a fare sport per perdere un po’ di peso e ho pensato che la palestra sia la soluzione giusta. Avrai anche un personal trainer che ti seguirà e ti preparerà un programma su misura per raggiungere i tuoi obiettivi” rispose Ester raggiante e sicura. A Zeno sembrava di essere in una candid camera, ma di fatto iniziò a frequentare la palestra, un giorno sì e un giorno no.

La cosa che gli era rimasta più impressa dal colloquio iniziale con il suo coach era il divieto assoluto di bere vino: “Niente alcol per un mese e poi vedrai che non ti verrà nemmeno in mente di stappare una bottiglia”.

Mentre il tizio della palestra, tutto pettorali e capelli cortissimi, professava il suo vangelo, Zeno lo guardava pensando che ci voleva ben altro per spegnere la sua sete.

Dopo un mese di palestra si intravedevano i primi timidi miglioramenti nel fisico di Zeno. Il girovita in effetti era leggermente diminuito e spalle e pettorali avevano un’aria di maggiore tonicità. Ma a livello di peso, non era calato nemmeno di un etto. Ester ne rimase sorpresa, anche perché a casa stava seguendo alla lettera il regime alimentare imposto dal coach, quindi si sarebbe aspettata sicuramente qualcosa in più in termini di dimagrimento.

Del resto Ester non immaginava che Zeno, ogni volta che andava in palestra, la prima oretta la passava al bar di fronte a fare l’aperitivo. Inoltre il barista, di origini veronesi, gli aveva fatto assaggiare il Garganega, un bianco aromatico e strutturato della zona di Soave, e a Zeno piaceva tantissimo.

Alla fine Zeno era contento, fare un po’ di sport lo faceva stare meglio e, anche se minimo, aveva portato anche un miglioramento estetico al suo fisico. In più aveva scoperto il Garganega.


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