Trentacinquesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.
La riviera adriatica a nord della Laguna di Venezia è sempre stata terra di goliardia per Zeno Raboso, a partire dall'adolescenza. Negli anni novanta le discoteche nascevano come funghi e animavano la vita del litorale, non solo d'estate. A Zeno il sound da dance floor era sempre piaciuto, anche se i suoi genitori la definivano "la musica dei drogati" e cercavano in tutti i modi di convincerlo a non andare nei locali a ballare. Ma le sonorità elettroniche, il ritmo tribale e il basso rullante scatenavano in Zeno un'irrefrenabile voglia di trasgredire, di sfogarsi e di scatenare la sua energia di diciottenne. Erano gli ultimi fuochi d'artificio del Novecento, il "secolo breve", che aveva visto in poco tempo più cambiamenti ed evoluzioni nella società che in tutto il resto della storia.
Dopo il miracolo economico e il boom degli anni ottanta, quelli erano soprattutto gli anni delle grandi compagnie, con le quali si andava, tutti insieme, a Jesolo a cercare quello che la piazza del paese non riusciva a offrire. Locali alla moda, negozi, bella gente, nuovi incontri e, magari, nuove conquiste. Zeno ci andava per ballare, per sentire qualche pezzo musicale nuovo e, soprattutto, per osservare le persone. Era attratto dai look del cosiddetto "popolo della notte", dal modo in cui vestivano, si atteggiavano e si esprimevano. Una sera conobbe dei ragazzi di Rovigo che lo invitarono ad andare insieme a Bologna il venerdì, per il mercato dell'usato, dove si potevano acquistare a prezzi bassissimi capi d'abbigliamento usato di tendenza.
Zeno alla fine andò a Bologna in treno, di nascosto. Con qualche risparmio e con le mance del compleanno riuscì ad acquistare diversi vestiti che sfoggiò nei weekend successivi. Rispetto allo Zeno contemporaneo, di giorno sempre con la tuta di lavoro e di sera con un look molto sobrio e classico, quello dell'adolescenza era decisamente più audace e di tendenza a livello di immagine.
In quei mitici anni, durante un weekend, Zeno venne invitato con un po' di gente da un suo amico che aveva la casa al mare, vicino alla sua discoteca preferita. Era maggio, faceva già caldo e il programma prevedeva la giornata al mare, spaghettata in appartamento e poi tutti a ballare musica house fino all’alba.
Nel pomeriggio Zeno e i suoi amici vennero raggiunti in spiaggia da tre amiche che, anche per scatenare un po’ di zizzania e di gelosia, conobbero dei ragazzi di Barcellona, che si trovavano a Jesolo in vacanza. Li invitarono a cena in appartamento, provocando qualche mugugno all'interno della compagnia. Dopo un po' di titubanze anche i maschi strinsero amicizia con gli spagnoli e Zeno si stupì quando gli iberici vollero puntualizzare che loro erano catalani e non spagnoli.
La cena si svolse tutto sommato in maniera serena e tranquilla, ma trapelavano ogni tanto accenni di rivalità fra italiani e catalani. Dal calcio alle donne, dall'arte alla gastronomia, cominciò come un climax a diventare una competizione totale su chi era il migliore.
Ad un certo punto Sergi, uno dei ragazzi di Barcellona, particolarmente orgoglioso e infervorato, lanciò una sfida vera e propria. Propose una gara di bevute di calimocho in base a chi pescava la carta più bassa. Chi abbandonava per primo avrebbe perso. Il calimocho è una specie di bevanda di origine basca, un mix di vino rosso e cola. Una schifezza insomma. È la tipica bibita della movida spagnola, del cosiddetto bottellion consumato dai giovani per strada.
Sergi voleva fare bella figura davanti alle ragazze e attendeva che qualcuno tra gli italiani raccogliesse il guanto della sfida. Ma non fu necessario attendere molto, perché Zeno si fece avanti, dicendo che ci avrebbe provato lui.
Sergi e Zeno ogni volta che pescavano la carta più bassa tracannavano un bicchierone di calimocho tutto d'un fiato. La sfida durò molto perché nessuno dei due mostrava cenni di cedimento. Dopo svariati bicchieri, gli amici di Zeno, un po' preoccupati, gli chiesero se stesse bene e gli dissero che poteva ritirarsi, non doveva dimostrare niente a nessuno. Al che Zeno li guardò e li rassicurò dicendo: "tranquilli, potrei bermi il Piave!".
E alla fine Zeno vinse, Sergi si ritirò e corse in bagno a vomitare.
Zeno stava passeggiando per Jesolo con Ester e gli venne in mente quell'episodio goliardico e anche un po' stupido dell'adolescenza. Gli si disegnò per un attimo un sorriso in viso. Ester ad un certo punto gli indicò un locale probabilmente nuovo, dal momento che non lo aveva mai visto prima. Le ispirava per un aperitivo e propose a Zeno di attraversare la strada ed entrare. Il posto si chiamava "Bollicine Catalane" e serviva solamente il Cava, lo spumante spagnolo per eccellenza, che proviene dalla zona del Penedès in Catalogna, vicino a Barcellona.
Entrando Zeno notò l'uomo al bancone. Aveva la sua età suppergiù, i due si fissarono a lungo reciprocamente, come se si conoscessero già e cercassero di ricordarsi dove si fossero già visti.
Una ragazza nel frattempo li accompagnò a un tavolo, proponendogli una bottiglia di Cava in glacette. Quando la ragazza tornò da Zeno ed Ester con la bottiglia, passò un foglietto piegato a Zeno, dicendogli che era da parte del titolare.
Un po' meravigliato, Zeno lo aprì e spalancò la bocca per la sorpresa: "Ciao, voglio la rivincita. Ma questa volta non di calimocho, ma di Cava. Sergi (ti ricordi?)".
(continua)
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