Undicesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.
Zeno Raboso e il suo furgone erano una cosa unica. Con la sua officina mobile
raggiungeva qualsiasi località italiana richiedesse il suo intervento specializzato e risolutivo. E Zeno ogni volta lo ringraziava, il suo furgone, come se fosse un essere vivente. E comunque Zeno nel suo lavoro se la cavava bene, per questo Anacleto lo mandava a colpo sicuro ogni qualvolta ci fosse un’emergenza. Zeno aveva ormai in curriculum tantissime trasferte, più o meno lunghe, anche nell'Italia meridionale.
Questa volta, però, doveva andare in Sardegna e doveva farlo in aereo e senza il suo inseparabile furgone. Andarci per strada e poi con il traghetto sarebbe stato troppo lungo. Il problema riguardava un grosso birrificio nella periferia di Cagliari. L’idea che si trattasse di un birrificio mise di buon umore Zeno, facendogli passare per un attimo in secondo piano la sua preoccupazione per non poter disporre del suo fidato mezzo.
Era fine maggio e, sotto sotto, Zeno sperava di sbrigarsi velocemente con la riparazione per ritagliarsi il tempo per un tuffo nelle acque caraibiche della Sardegna.
Quando telefonò a Ester per informala della nuova trasferta a Cagliari, a lei venne forte la tentazione di accompagnarlo, ma si sforzò di non dirglielo.
Così il giorno dopo, di buonora, Zeno con il suo trolley era in aeroporto davanti al monitor delle partenze per cercare di capire verso quale imbarco dirigersi. L’atmosfera caotica dell’aeroporto gli metteva addosso un po’ di ansia, ma era allo stesso tempo anche eccitante. Sebbene si trattasse di lavoro, gli sembrava di partire per una vacanza. Sarebbe atterrato a Cagliari alle 10.30, dove lo avrebbe aspettato un dipendente del birrificio. Quando prese il suo posto in aereo si presentò subito al suo vicino di posto, un uomo della sua età, o forse un po’ più grande. Faceva l’attore e si chiamava Patrizio. Parlarono a lungo e gli raccontò che anche lui volava per lavoro, poiché doveva raggiungere il set del suo nuovo film, ambientato nella spiaggia del Poetto. Spiegò a Zeno che la trama era costruita intorno al rapporto fra padre e figlio e alla sua evoluzione col passare degli anni. La particolarità era il capovolgimento dei ruoli dovuta allo scorrere inesorabile del tempo.
“Il film comincia con padre e figlio che giocano sulla spiaggia, che sarà quella del Poetto, – puntualizzò Patrizio – fanno la lotta per gioco, con il papà che enfatizza la sua forza sollevando e roteando in aria il figlio piccolino, che si diverte un mondo. Finirà poi con una scena nella stessa spiaggia dove il figlio, diventato adulto, porta in braccio il padre ormai vecchio che ha problemi di deambulazione. Un contrasto di una forza e di una poesia a mio avviso eccezionali. Io interpreto all’inizio il papà giovane e poi il figlio cresciuto”. Zeno ascoltò rapito le parole di Patrizio, e anche se non capiva bene i vari passaggi, in qualche modo ne fu toccato e pensò a suo padre con un po’ di nostalgia. “Il sottotesto in realtà – continuò l’attore – ci dice che tutto cambia, tranne il tempo. Il tempo è sempre il tempo!” concluse Patrizio in modo amletico. Zeno in realtà non aveva afferrato il senso del discorso e, mentre Patrizio aveva iniziato a parlargli del metodo Stanislavskij, la sua attenzione si era spostata su una bella ragazza seduta una fila più avanti, che ogni tanto ricambiava lo sguardo. Pensò a Ester, a quanto si trovasse bene con lei e a come la loro relazione fosse nata in modo inaspettato. Forse le cose belle non devono essere pensate e immaginate prima, chissà. Sicuramente Zeno con le donne non era mai stato molto sciolto. Le desiderava e allo stesso tempo le rispettava, ma non aveva mai capito e imparato a individuare e a gestire tempi e modi per provarci. Il rischio non faceva per lui. Infatti da ragazzo, quando con la sua compagnia frequentava assiduamente le discoteche, non era mai riuscito a combinare granché con le ragazze e preferiva dedicare le sue attenzioni alle ballerine e alle bariste dei locali, con le quali tentare un approccio era assolutamente impensabile.
Preso dal vortice di ricordi e riflessioni più o meno profonde, senza accorgersene Zeno atterrò a Cagliari. Si fece accompagnare subito al birrificio, dove l’impianto di depurazione delle acque non funzionava più. Il paesaggio circostante era così diverso dalla sua campagna industrializzata, con pochissimi insediamenti urbani e, ancora meno, industriali e commerciali. E poi c’era il mare, che rendeva tutto più bello.
Fortunatamente Zeno trovò pronti all’uso tutti i pezzi che aveva richiesto al telefono il giorno precedente, quando si era confrontato con Damiano, il responsabile della produzione, per capire la natura del problema. L’intervento durò diverse ore e Zeno portò a successo la sua missione alle 18.30. Era esausto.
Damiano lo ringraziò di cuore a nome di tutto il personale del birrificio e lo invitò a cena: “Complimenti Zeno, un ottimo lavoro! Stasera ti porto in un ristorante in spiaggia e sono sicuro che ti piacerà”.
Il ristorante si affacciava sul Poetto ed era famoso per i migliori piatti a base di pesce di Cagliari. Dopo essersi ripulito in hotel, Zeno si incontrò al bar del locale con Damiano, che lo stava aspettando per un aperitivo.
“Ho sete Damiano, se fossi dalle mie parti mi berrei un bel prosecco fresco, ma qua non avete mica le bollicine” esordì Zeno, con una vena malinconica.
“Come no” ribatté prontamente Damiano che si fece portare una bottiglia di Torbato spumante brut, un antico discendente della Malvasia greca, con un piatto di frittura di pesce.
Mentre Zeno si portava il calice alla bocca guardò verso la spiaggia, dove c’era un gran via vai di persone, fari e macchinari. Era un set per le riprese di un film e, aguzzando la vista, Zeno riconobbe Patrizio, il suo compagno di volo.
Il Torbato si presentava con un colore giallo paglierino alla luce di un sole che cominciava a tramontare. Zeno capì subito che era una bollicina seria, fresca ma decisa, con note floreali e fruttate e decisamente sapide!
“Ah, questa sì che è vita! Senti che corpo questo Torbato!” esclamò Zeno.
“E qual è la tua filosofia di vita?” gli chiese Damiano.
“Che tutto cambia, tranne il tempo. Il tempo è sempre il tempo!” rispose Zeno, mentre guardava verso il mare Patrizio che teneva in braccio un bambino.
(continua)
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