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Zeno Raboso in fiera all'estero

  • Immagine del redattore: Giovanni Tronchin
    Giovanni Tronchin
  • 2 ott 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Trentatreesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore.

Zeno Raboso nel suo lavoro era molto stimato. Nonostante operasse in un settore non particolarmente avvincente come i motori industriali, in Italia erano in molti a conoscerlo e ed avere beneficiato dei suoi interventi, sempre risolutivi.

Spesso partecipava a cena ed eventi organizzati da clienti o fornitori e, da poco, era nata anche una piccola associazione del suo settore, che si dava un gran daffare a tenere vivi l'entusiasmo e le relazioni tra gli addetti ai lavori. Zeno, tra l'altro, in questi happening, non sfigurava mai, sia a livello di simpatia che di contenuti. Aveva sempre la battuta pronta e tutto sommato un buon bagaglio di cultura generale, che gli permetteva sempre di dire la sua su qualsiasi argomento. Una volta, aiutato sicuramente da qualche bicchiere in più, si lanciò anche in una discussione in inglese con un importante fornitore straniero, suscitando in chi lo ascoltava una grande ammirazione.

Zeno in effetti era, come si suol dire, portato per le lingue. Assorbiva e assimilava parole ed espressioni ascoltando le canzoni in inglese dei suoi gruppi stranieri preferiti, spesso cercando sul web i testi per memorizzarli e tradurli.

Così, quando la neonata associazione italiana ricevette l'invito da parte della più grande e blasonata associazione europea a prendere parte alla prossima fiera che si sarebbe svolta a Parigi, il nome di Zeno Raboso iniziò a circolare subito. Quella famosa conversazione in inglese lo aveva accreditato agli occhi di tutti. Ma, soprattutto, praticamente nessuno tra gli associati italiani era in grado di conversare in inglese. Declinare l'invito sarebbe stato tanto imbarazzante quanto presenziare senza poter interagire con gli altri. Quindi pensarono a Zeno. Aveva dimostrato di essere in gamba, per cui avrebbero mandato lui a Parigi, era deciso!

Il presidente dell'associazione italiana, un grande produttore di pistoni, telefonò una sera a Zeno, dandogli la notizia. Mancava un mese alla fiera, che sarebbe durata solo due giorni, e l'associazione avrebbe pensato a tutto, dal volo all'hotel, compreso l'allestimento di un piccolissimo stand, che sarebbe servito a presentare al mercato la nuova associazione italiana. Tutto spesato.

Zeno era stato solo una volta in vita sua a Parigi, in occasione della gita di quinta superiore. Era stata un'esperienza incredibile che aveva lasciato un'eredità di aneddoti leggendari. Zeno e i suoi compagni si erano divertiti come dei pazzi, facendo impazzire anche i professori che li avevano accompagnati. Parigi gli era davvero piaciuta e non avrebbe mai potuto dimenticare la magia di Notre Dame e l'emozione di salire sulla Tour Eiffel.

Quando il presidente gli disse delle trasferta, Zeno non fece una piega. Ci sarebbe stata anche la consegna di una targa ufficiale. Certo, gli sarebbe piaciuto avere almeno un compagno di viaggio, ma il presidente gli spiegò che non c'era budget per due persone e che comunque Anacleto, il suo titolare, avrebbe dovuto riprogrammare tutti i lavori per la sua assenza. Doveva vederlo quindi come un privilegio. Zeno ringraziò, comprendendo perfettamente la situazione. Chiese però se poteva avanzare delle richieste per l'allestimento dello stand: un piccolo frigorifero e un po' di casse di prosecco, di acqua gassata e Aperol per preparare gli spritz.

Quando Zeno atterrò a Parigi era un po' teso e spaesato, lui che era abituato ai suoi punti di riferimento canonici come il bar, il furgone, casa sua e il capannone. Però se la cavò ugualmente e riuscì a raggiungere l'hotel con i mezzi pubblici, senza dover prendere un taxi. Il mattino seguente alle otto in punto Zeno era già in fiera, un'ora prima dell'apertura al pubblico. Venne attraversato da un fremito di gioia quando vide il frigo acceso con dentro delle bottiglie in fresco. Fu meno contento di constatare la povertà estetica del suo stand, piccolo e decisamente brutto. Però non si perde d'animo e prese il block notes e la penna su cui avrebbe appuntato tutto, contatti, informazioni e idee. I biglietti da visita ovviamente non li aveva, ma, non avendoli mai avuti in vita sua, a Zeno non sembrò un problema.

Da quando aveva saputo di dover andare in fiera, Zeno aveva un piano in mente. Mentre la mattina scorreva lenta e noiosa tra gli stand, Zeno si procurò dei fogli bianchi e dei pennarelli, disegnando dei vivaci cartelloni in cui si annunciava che presso il suo stand ci sarebbe stato uno spritz hour a partire dalle 11.30. Due euro per uno spritz originale Made in Italy.

L'affluenza fu massiccia e Zeno, più che uno standista, sembrava un barista alle prese con la preparazione di decine e decine di spritz, tirando su oltretutto qualche centinaio di euro. Molti, non avendo spiccioli, pagarono lo spritz cinque o addirittura dieci euro.

Ogni tanto Zeno si fermava e scattava delle foto con la folla, inviandole poi al presidente. In Italia si era già sparsa la voce che lo stand dell'associazione in fiera aveva avuto un successo incredibile. Zeno brindava con tutti, annotando sul suo blocco nomi e numeri sbagliati.

Ad un certo punto dal microfono in filodiffusione una voce femminile annunciò che Monsieur Zenó Rabosó era atteso al palco delle autorità. Zeno ci andò e ricevette dall'amministratore delegato della fiera una targa in ottone lucidissima che sembrava il primo premio di Wimbledon.

Senza rendersene conto, Zeno era la star della manifestazione, con puntati addosso i flash dei fotografi e gli sguardi arrossati di tutti quelli che avevano bevuto gli spritz.

Avrebbe voluto dire qualcosa in inglese, ma gli uscì solo un timido "mercí" con l'accento veneto, cui fece comunque seguito uno scroscio di applausi.

In Italia nel frattempo correva voce che Zeno avesse fatto un figurone e che avesse tenuto un bellissimo discorso in inglese sul palco delle autorità.

(continua)

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