Un vitigno piemontese dalle molteplici sfaccettature
La Freisa è uno dei vitigni a bacca rossa più antichi del Piemonte che, dopo secoli di successi, sta vivendo oggi un periodo di immeritata decadenza, forse anche a causa del cambiamento del gusto dei consumatori che apprezzano prodotti più facili e di immediata bevibilità. È un vino che divisivo: il pubblico degli appassionati si divide nettamente, alcuni la amano, altri la odiano. Il perché si può trovare sia nelle sue caratteristiche sia perché è un vitigno che risente molto delle condizioni di allevamento e dello stile di vinificazione; pertanto, i risultati che si possono ottenere sono diversi e anche molto differenti. Si va dal fermo al frizzante o addirittura spumante, dal secco al dolce, dal giovane a quello invecchiato in legno.
Un vitigno originario del Piemonte che ha, nel suo genoma, una sovrapponibilità dell’85% con il nebbiolo. Le prime tracce risalgono al 1517: in una bolla doganale si parla di “fresearum” e “fresearorum” indicandole come uve del valore doppio rispetto ad altre. Sono poi dell’Ottocento le prime descrizioni organolettiche ritrovate che lo indicano come un vino abbondante in tannini e aspro, rustico, che comunque trova giovamento dall’invecchiamento.
Sebbene nel passato fosse coltivato anche in Lombardia e Veneto, oggi si trova praticamente solo in Piemonte. Sono classificate due varianti: la Freisa piccola o di Chieri e la Freisa grossa Astigiana.
Gli abbinamenti sono evidentemente condizionati dalla tipologia: con le versioni secche abbineremo dei salumi oppure alcuni piatti della tradizione come il vitello tonnato, la carne cruda, il misto fritto o la ben più aromatica bagna caoda. La versione spumantizzata o dolce si accompagnano piacevolmente alla pasticceria secca.
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