top of page
  • Immagine del redattorePaolo Valente

Sanremo. La città dei fiori. La città del Festival.

Questa settimana non si parla d’altro: il Festival e i suoi protagonisti. Ma quali sono i vini della zona?

Il destino di questa ridente (come si sarebbe scritto negli annali di metà del secolo scorso) cittadina è sempre stato legato ai fiori e alla floricoltura tanto da assumere il nome di città dei fiori. Ma, una volta all’anno, per una decina di giorni, diviene la capitale della musica italiana con il festival che ne porta il nome. E così da tranquilla e sonnolenta cittadina che si prepara al più concitato periodo estivo, si trasforma in un palcoscenico a cielo aperto solcato dalle più improbabili versioni del fantasioso e del kitsch.

A noi però tutto questo non interessa. Anche per manifesta incompetenza e totale disinteresse di chi scrive.

L’occasione invece è golosa per indagare sulle produzioni vitivinicole della zona.

Il territorio di Sanremo non è compreso in alcuna Denominazione di Origine. Fa parte invece della più ampia e generica IGT Terrazze dell’Imperiese che abbraccia tutto il territorio dell’omonima provincia. Così come tutte le IGT, le maglie del disciplinare sono piuttosto larghe e la varietà dei vitigni ammessi è vasta. Quindi i vini possono avere caratteristiche estremamente variabili tra loro. Per garantire un minimo di territorialità, rimane l’obbligo di usare, per almeno il 40% della massa, pigato e/o vermentino per i vini bianchi e rossese e/o ormeasco per i vini rosati o rossi.

E a proposito di vitigno rossese, non possiamo non parlare della denominazione, quasi contigua a Sanremo, Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua, prima DOC della Liguria istituita nel 1972 che la scorsa settimana ha compiuto cinquant’anni.

Il rossese di Dolceacqua è un vitigno dalle caratteristiche uniche per aromi, struttura, bevibilità in gioventù e, al tempo stesso, potenziale di invecchiamento. Oggi sono una trentina i viticoltori che coltivano una cinquantina di ettari; una piccola superficie se rapportata a quella di inizio Novecento quando di ettari se ne contavano qualche migliaio, poi soppiantati dal più facile e redditizio florovivaismo.

La DOC mantiene viva la tradizione di un vitigno antico tornato alla ribalta dopo che qualche decennio fa ha rischiato l'estinzione.

Noi abbiamo assaggiato il Rossese di Dolceacqua superiore 2019 di Maixei e il Settecamini 2020, uno dei cru di Giovanna Maccario, ma i produttori che meritano una visita e una degustazione sono numerosi.

bottom of page