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  • Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Zeno Raboso e la scoperta del vespaiolo

Cinquantaduesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore

Ormai bevevano tutti bollicine. Zeno Raboso le aveva sempre preferite ai vini fermi sostanzialmente per una questione di sete. Tra l'altro questa sua predilezione non si limitava ai vini bianchi. Anche tra i rossi adorava il mosso lambrusco, soprattutto da quando alcune cantine avevano iniziato a realizzarlo con il metodo classico, facendone in tutto e per tutto un vero spumante.

Ma da un po' di tempo nei bar, nelle enoteche e in qualsiasi evento era tutto un continuo stappare spumanti col botto, praticamente una sparatoria, cosa che, tra l'altro, il bon ton degli appassionati del buon bere non prevede. E il prosecco la faceva da padrone, anche in virtù del suo buon rapporto qualità-prezzo.

Zeno, spesso in giro per l'Italia per motivi di lavoro, si stupiva sempre quando in un bar della Liguria, in una trattoria delle Marche o in un locale toscano gli proponevano da bere il prosecco. Ma come? Pensava Zeno, che voleva sempre conoscere i vini autoctoni e tipici dei luoghi in cui veniva mandato per i suoi interventi.

E proprio grazie alle sue trasferte aveva scoperto vini che difficilmente avrebbe bevuto altrimenti. Al bar in paese si bevevano solitamente prosecchi e spritz e l'oste difficilmente proponeva qualcosa di diverso da provare. Per sua fortuna Zeno era anche molto curioso e aveva un caro amico sommelier che gli dava spesso dei suggerimenti e ogni tanto lo invitava a casa sua a degustare dei vini che le case vinicole gli inviavano per richiedere i suoi giudizi e recensioni.

Quegli inviti erano graditissimi a Zeno, sia per l'alto livello delle bottiglie in degustazione, sia per la notevole quantità di informazioni e curiosità che uscivano dalla bocca del suo amico. Zeno, che non riusciva mai a indovinare i sentori e i sapori dei vini, si lasciava piacevolmente guidare dalle osservazioni e dagli stimoli del sommelier, meravigliandosi ogni qualvolta effettivamente riusciva a riconoscere le note e i profumi indicati dal suo amico.

Una sera lo invitò a casa sua perché doveva assaggiare una batteria di bollicine e sapeva che Zeno aveva un debole per lo spumante. Assaggiarono prima dei prosecchi, poi dei Franciacorta e infine dei metodi classici dell'Alta Langa. Mentre assaporava quei fantastici vini, Zeno pensò alla banalità con cui solitamente si beveva i suoi prosecchini al bar, senza sapere da quale territorio specifico e da quale cantina provenissero. Conclusero la degustazione con un Cava catalano e l'amico sommelier, nel decantarne qualità e peculiarità, gli disse: "Pensa che un mio amico che vive a Barcellona mi ha raccontato che i turisti stranieri lo chiamano volgarmente The Spanish Prosecco!".

Il giorno seguente al lavoro per Zeno fu dura, aveva la testa pesante e gli bruciava un po' lo stomaco a causa della degustazione. Del resto lui, a differenza del suo amico, non era avvezzo a sputare il vino durante gli assaggi e diceva sempre ironicamente, facendo la battuta, che lui è un ragazzo timido che si tiene tutto dentro.

A metà mattinata, mentre si trovava nel capannone a sistemare il suo furgone attrezzato, lo chiamò Anacleto, il suo titolare, per avvertirlo che doveva partire subito per Breganze, nel vicentino, per un intervento urgente. Il cerchio alla testa non gli era ancora passato e Zeno in cuor suo sperava di passare l'intera giornata in ditta, senza problemi e pensieri. Però il dovere lo richiamava e così si mise sulla strada per Breganze, bella cittadina sulla pedemontana veneta. Breganze, oltre a tante attrazioni, tra cui una villa palladiana, deve la sua fortuna principalmente alla natura vulcanica delle colline circostanti, che l'hanno resa una zona del vino per eccellenza.

Zeno Raboso in poco meno di un'ora e mezza di strada arrivò alle porte di Breganze e, dal momento che era ora di pranzo, decise di passare per il centro per trovare una trattoria in cui mangiare un boccone al volo. In realtà la piazza e le strade intorno erano chiuse al traffico ed era un gran fermento di gente, bancarelle e stand. Era infatti tutto pronto per la Vespaiolona, la notte bianca di Breganze, durante la quale con un kit-pass che comprende un calice di degustazione c'è la possibilità di conoscere le migliori cantine di uno dei territori vitivinicoli più belli e rinomati d'Italia.

Zeno Raboso avvertì un brivido di libidine intuendo che una trasferta inaspettata e indesiderata si sarebbe potuta rivelare una gradita sorpresa.

La ditta in cui doveva andare si trovava a ridosso di una collina tappezzata di rigogliosi vigneti. Terminato l'intervento Zeno sentì il bisogno di uscire e incamminarsi verso i filari di vite più vicini che si trovavano dietro il capannone, senza nessuna recinzione. Vide un paio di grappoli invitanti e si diresse in quella direzione per cogliere qualche acino. Non fece in tempo a strapparne uno che uno sciame di vespe lo attaccò sbucando da sotto la vite. Prese tre punture ravvicinate e dolorosissime e iniziò a urlare e a scappare verso la ditta. Entrò da una porta di emergenza, lasciata aperta per il caldo, e la richiuse subito alle sue spalle. Un operaio vedendolo e sentendolo lamentarsi gli si avvicinò chiedendogli cosa gli fosse accaduto. Zeno gli raccontò la scena e l'altro, sorridendo, gli disse: "Beh, ma bisogna stare attenti quando ci si avvicina all'uva vespaiola. Si chiama così proprio perché con il suo elevato grado zuccherino attira le vespe. Però per fortuna se ne ricava un vino ottimo, il vespaiolo, una bomba. Anzi, se lo vuoi assaggiare ho una bottiglia nel frigo della mensa".

E così, scoprendo quel vino secco, beverino e leggermente mosso, Zeno si dimenticò delle punture di vespa e pensò che forse era proprio il caso di fermarsi alla Vespaiolona e provare i vini della zona, magari facendo un po' di attenzione e accompagnandoli con del "baccalà alla vicentina".

(continua)

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