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Immagine del redattoreGiovanni Tronchin

Zeno Raboso e la scoperta delle bollicine piemontesi

Quarantesimo capitolo del nostro romanzo a puntate dedicato alla vita e alla formazione enologica di un lavoratore e bevitore

In Piemonte Zeno Raboso c'era stato solo una volta in vita sua. Era andato precisamente nell'aprile del 1993, poco più che quindicenne, con un pullman organizzato dagli juventini che frequentavano il bar "Allo scarpone" di un paese vicino, per vedere dal vivo una partita di Coppa Uefa tra la Juventus e il Paris Saint-Germain. La gita prevedeva una partenza in largo anticipo per avere anche il tempo di poter visitare il centro di Torino.

Zeno non era un tifoso della Juve, non aveva una squadra del cuore, ma era un grande appassionato di calcio, che era tra l'altro lo sport che praticava. Più che per una squadra Zeno si faceva trascinare dai singoli campioni e dalle loro giocare da fuoriclasse, che tentava di imitare in campo. E all'epoca i suoi occhi erano tutti per Roberto Baggio, il Divin Codino, veneto come lui, che militava nelle file della Juventus. Quindi a Torino Zeno ci andò per vedere Baggio. E lui lo ripagò segnando due goal meravigliosi che permisero alla Juve di vincere contro i francesi.

La trasferta però non fu proprio una passeggiata. All'andata, per un incidente nei pressi di Milano, si ritrovarono imbottigliati nel traffico per ore e arrivarono appena in tempo per l'inizio della partita, senza riuscire a visitare Torino come da programma.

Dopo la partita, prima di rientrare a casa, uno degli organizzatori propose di fermarsi al bar vicino al parcheggio del pullman per festeggiare la vittoria. Zeno, che era l'unico ragazzo della comitiva, si unì alla bicchierata degli adulti e gli rimase impressa una frase pronunciata da uno di loro: "Ah, ci voleva proprio! Del resto, se non è buono in Piemonte lo spumante..." e tutti risero e brindarono. Zeno per un po' ci pensò a quelle parole, per lui enigmatiche, ma presto se ne dimenticò.

Comunque, dopo quel viaggio, Zeno in Piemonte non ci tornò più e, in un certo senso, era rimasta per lui una regione abbastanza sconosciuta. Tolti la Fiat, il Conte di Cavour, i Re e la Juventus, era molto ignorante sul Piemonte. E questo valeva anche per i vini.

Non aveva mai assaggiato un Barolo, non conosceva il Barbaresco e nemmeno la più popolare Barbera.

Aveva addirittura maturato un'idea negativa dei vini piemontesi, associandola all'immagine scadente e al gusto discutibile degli spumanti dolci, che trovava sempre nelle confezioni natalizie, super low cost, abbinati al panettone. E comunque una bollicina dolce non è che fosse proprio il massimo per Zeno Raboso.

Capitò una sera che, rientrando in capannone da una manutenzione presso un cliente locale, il suo capo Anacleto lo stesse aspettando per informarlo della nuova trasferta che lo attendeva.

"Domani devi andare in Piemonte", gli disse. "Addirittura? Spero di non trovare nebbia, è parecchia strada...". "Ti aspettano in un hotel a Canelli. Hanno problemi con l'impianto di climatizzazione e se finisci tardi potrai dormire direttamente lì. A proposito, occhio che quella è zona di grandi vini e tartufi!".

Quell'avvertimento suonò più dolce di tutti i moscati da discount trovati e bevuti nei cartoni natalizi. Non pensò più alla nebbia e alla distanza e corse a casa a preparare il suo trolley.

L'indomani partì molto presto, stando attento di non svegliare Ester. Dopo quasi cinque ore di strada arrivò a Canelli, bellissimo paese in provincia di Asti. Zeno rimase estasiato dalla bellezza del paesaggio: distese di dolcissime colline piene di interminabili filari di vite. Sembrava un quadro. Non a caso, dal 2014, è diventato patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO come parte integrante del territorio del Paesaggio Vitivinicolo del Piemonte, Langhe-Roero e Monferrato.

Su quelle terre, patria di Cesare Pavese e tanti altri scrittori, di re e castelli, teatro di fratricide battaglie durante la resistenza partigiana, Zeno vide talmente tanti vigneti che pensò non potessero essere solo di moscato dolce.

Arrivò all'hotel praticamente all'ora di pranzo, dove lo aspettava un tecnico alle dipendenze della struttura. Questi, dato l'orario, gentilmente lo invitò a mangiare qualcosa nella sala da pranzo. Anche per riprendersi dal lungo viaggio.

Fabio, questo era il nome dell'addetto dell'hotel, disse a Zeno che, se si accontentava di quello che avevano già pronto, per non perdere troppo tempo, come primo c'era un risotto al Barolo, di secondo del brasato al Barolo e da bere del Barolo, ovviamente. Fu per Zeno uno dei suoi migliori pranzi di lavoro e anche la compagnia di Fabio si rivelò molto gradevole. Zeno capì subito che Fabio se ne intendeva di vini, ma questi minimizzò dicendo che era una cosa normale per i piemontesi, soprattutto di quella zona.

E così finalmente Zeno ebbe l'occasione di bere un Barolo, il re dei vini e il vino dei re, e lo trovò inevitabilmente buono e armonico.

Parlando di vini con Fabio, Zeno gli confidò la sua passione per le bollicine e, a quel punto, Fabio spalancò platealmente le braccia e gli promise che gli avrebbe fatto un regalo dopo il lavoro.

Zeno, come i bambini, non pensò ad altro per tutto il pomeriggio e risolse il guasto all'impianto di climatizzazione in un tempo record.

Finito l'intervento, Fabio gli diede una mezz'ora per sistemarsi e lo aspettò all'ingresso dell'hotel. Poi si incamminarono, a piedi.

"Ti porto in una cattedrale" gli disse Fabio. "In una chiesa? Guarda che io non sono proprio un praticante..." rispose preoccupato Zeno. "Non ti preoccupare Zeno, la religione non c'entra, ma è ugualmente un luogo molto sacro".

Continuarono a parlare e, senza rendersi conto, Zeno iniziò a scendere delle scale che portavano a dei sotterranei e all'improvviso si ritrovò davanti a uno spettacolo mai visto. Erano le famose "cattedrali sotterranee", cantine storiche di Canelli scavate secoli fa nel tufo calcareo a decine di metri sottoterra, vere opere di alta ingegneria e architettura.

"Qui ci sono le bottiglie più pregiate e, siccome conosco il proprietario della cantina, mi ha preparato una bottiglia per noi due" .

Zeno era semplicemente incantato dallo scenario incredibile in cui si trovava, ma sotto sotto temeva di bere un Moscato dolce e non era di certo la sua massima aspirazione.

Ma quando assaggiò quelle bollicine rimase piacevolmente stupito. Cercò addirittura un appoggio per sedersi. Era uno spumante secco, metodo classico, semplicemente eccezionale!

"Benvenuto nella capitale del metodo classico!" esclamò Fabio, siamo stati i primi in Italia nell'Ottocento a produrre spumanti con il metodo champenoise, forse solo in Trentino hanno una tradizione simile alla nostra.

Zeno ascoltava a malapena, era troppo preso dall'esperienza enoica più coinvolgente che avesse mai provato. "Grazie Fabio, mi hai fatto un regalo pazzesco".

E gli tornarono in mente quelle parole di trent'anni prima: Del resto, se non è buono in Piemonte lo spumante...

"Se questa è una cattedrale, mi sa che è la volta buona che ricomincio ad andare in chiesa! Ahahahah!!".

(continua)

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