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  • Immagine del redattoreMaria Rita Olivas

Il Gorgonzola DOP, un volo nel "blu"

Un inconfondibile connubio tra piccantezza erborinata e burrosità che regala grandi abbinamenti col vino.

photo credit: gorgonzola.com

Perdersi tra le sfumature delle venature del Gorgonzola (continuiamo la nostra rassegna dedicata al mondo caseario, con uno dei formaggi italiani più famosi al mondo) che virano dal blu al verde, dall'azzurro al grigio, è come ritrovarsi agli albori dell’arte casearia, a quando non esistevano ancora le celle frigorifere e le moderne tecniche casearie.

Alcuni formaggi stracchini, prodotti dai pastori-casari in autunno durante la transumanza dagli alpeggi estivi, venivano stagionati nelle grotte delle valli prealpine, dove la fresca temperatura costante tra 6°C e i 12°C, l’umidità favorevole e le correnti d’aria erano ideali per portare avanti l’affinamento dei formaggi. Capitava così che spore di muffe presenti nelle grotte intaccassero i formaggi e si sviluppassero al loro interno, grazie al substrato di umidità presente nella pasta molle e cruda dei formaggi, nonché al fatto che la pasta talvolta era formata da due diverse cagliate mischiate fra di loro e conteneva qualche piccola cavità d'aria. Anziché rovinare il formaggio, alcuni tipi di muffe erano “casearie”, ovvero donavano alle forme un’intensità olfattiva peculiare e un sapore spiccato, che già intorno all’anno 1000 era apprezzato dai consumatori dell'epoca.

Il duplice volto del Gorgonzola

Un origine simile a quella dello Strachitunt nella Val Taleggio, del Blue Stilton inglese e dei grandi erborinati francesi, rispetto ai quali, tuttavia, il Gorgonzola ha un duplice volto: “dolce” o “piccante,” a seconda del tipo di pasta, di muffe e di stagionatura e incisività organolettica. Si produce storicamente nell'omonima cittadina in provincia di Milano, che divenne il maggior centro di produzione e commercializzazione del formaggio, così da dargli il nome. Si sono poi aggiunti il Pavese, il Comasco, il Novarese e altri comuni fra Piemonte e Lombardia, per un totale odierno di circa 30 caseifici e 4,7 milioni di forme prodotte all'anno.

Oggigiorno si usano colture starter e ceppi di muffe selezionate di penicillum, aggiunte in caldaia durante la caseificazione del latte (di vacca, intero e pastorizzato per il Gorgonzola DOP), e si forano le forme con aghi metallici durante la stagionatura per permettere alle muffe di svilupparsi in modo omogeneo con il passaggio dell’ossigeno. Proprio per questo motivo l’interno del formaggio è caratterizzato dalle inconfondibili striature blu-verdi-grigie, dette “erborinature”, in corrispondenza della foratura.

Gli aromi del Gorgonzola

L’odore del formaggio, il suo sapore e la sua struttura derivano dalle trasformazioni che i ceppi di penicillum operano nella pasta. L’azione è triplice: innanzitutto accelerano l’evoluzione delle proteine (“proteolisi”) e dei lipidi (“lipolisi”) durante la stagionatura, scindendole in particelle sempre più piccole e rendendo quindi la pasta cremosa. Inoltre, la scomposizione delle molecole origina una serie di composti volatili molto odorosi, che ricordano i funghi, il sottobosco, l’erba fermentata, l’animale, e che vanno ad affiancare i sontuosi profumi iniziali di burro. Infine, le muffe donano la sensazione piccante e una piacevole nota amara che stemperano quella più dolce del sapore lattico e l'avvolgente grassezza. Nelle forme meglio riuscite, pasta e muffa si compenetrano perfettamente, in un abbraccio scioglievole.

Nella versione “dolce” – stagionata almeno 50 giorni – le venature sono grigio-verdi, la pasta è più cremosa, mentre l’intensità aromatica è più delicata, con piccantezza e tendenza amarognola mediamente percettibili. Nella versione “piccante” – stagionata almeno 80 giorni (alcuni produttori arrivano fino a 180-200) le venture sono verdi-blu, la pasta è maggiormente consistente, semidura, mentre il profilo gusto-olfattivo diventa davvero incisivo, con una pungente piccantezza e una più netta scia amara.

Gli abbinamenti

Versatile e poliedrico in cucina, il Gorgonzola degustato da solo richiede determinate caratteristiche nell’abbinamento con i vini che possano valorizzare e armonizzare i suoi tratti più duri e spigolosi.

Con il Gorgonzola "dolce” è ideale un vino intenso, morbido e corposo, che possa ingentilire la tendenza amara e la leggera piccantezza di questa versione, ma al contempo che sfoggi un intreccio di freschezza e sapidità, per contrastare tendenza dolce e grassezza: un bianco importante con un passaggio in barrique, come l’Oltrepò Pavese DOC Chardonnay Rivone 2020 di Cordero San Giorgio, o un rosso evoluto dal tannino setoso, per nulla amaricante, come la Barbera d'Asti DOCG Superiore Sei Vigne Insynthesis 2015 di Vinchio-Vaglio o l’Atina DOC Cabernet Riserva Il Vecchio 2015 di Poggio alla Meta.

Nella versione "piccante", va aumentata ancor più la morbidezza del vino, in connubio con la dolcezza del residuo zuccherino, pur mantenendo la vena acido-sapida a riequilibrare la pastosità del formaggio. Sono quindi ideali, in progressione, a seconda del grado stagionatura del formaggio, dell’intensità gusto-olfattiva e della persistenza di piccantezza e tendenza amarognola, vini da vendemmie tardive, come il Loghetto 2019 dei Fratelli Agnes o l’Alsace Grand Cru AOC Sommerberg Riesling 2011 di Albert Boxler; oppure passiti come il Vino Santo Trentino DOC 2005 di Pisoni, il Theia 2020 di Nove Lune e il Moscato di Scanzo DOCG 2017 di Biava; perfetti anche vini botritizzati come il Romagna Albana DOCG Passito Scacco Matto 2018 o vini fortificati in stile ossidativo come la Vernaccia di Oristano DOC Flor 2006 di Contini.


E se vi sentite un po' tristi, "blue" come dicono gli inglesi, nulla è meglio di una fetta di "blue cheese", ovvero di erborinato, ma che sia Gorgonzola!

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