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Immagine del redattorePaolo Valente

Nicola Biasi e il suo vino di montagna

Viene prodotto da uve Johanniter in alta Val di Non a oltre 800 metri di altitudine.

photo credit: vindelaneu.it

Nicola Biasi è un giovane enologo nato a Cormons e con numerose esperienze in giro per il mondo, tra cui in Toscana dove si dedica con passione al sangiovese. Nel 2016 decide di volersi dedicare a progetti personali e diviene enologo consulente per molte realità oltre che lui stesso produttore di vino.

Inizia con un piccolo, potremmo dire piccolissimo, vigneto in alta Val di Non a Coredo, a 830 m.s.l.m. dove i suoli sono costituiti in gran parte da dolomia. La vigna è parte di un podere di famiglia acquistato dai nonni di Nicola dopo la guerra. Un ettaro complessivo annessa abitazione dedicato alla coltivazione delle mele come del resto fa tutta la valle.

Nel 2012 l’impianto della vigna e già dall’anno successivo il primo raccolto che dà origine a 300 bottiglie non commercializzate. Un vino riuscito che fa ben sperare per il futuro.

Anche perché il Johanniter, il vitigno PIWI scelto per l’impianto, è praticamente sconosciuto e nessuno lo aveva mai vinificato in purezza.

Nasce così il “Vin de la Neu” (vino della neve) che prende questo nome proprio perché il 12 ottobre 2013, il giorno della prima vendemmia, al mattino, il vigneto era ricoperto da uno strato di fresca neve caduta durante la notte. Un posto incantato in cui la sostenibilità è davvero reale. A partire dal vitigno che, in quanto PIWI, non necessita di trattamenti, poi nessun diserbo, pali di sostegno dei filari in larice a chilometro zero per finire con tutte le operazioni effettuate manualmente senza uso di mezzi a motore.

La vinificazione è altrettanto delicata ed attenta: Pressatura soffice e chiarifica in vasche di cemento, fermentazione in barrique di rovere francese con successiva maturazione per 11 mesi; affinamento in bottiglia per almeno 14 mesi.

Dicevamo di un vitigno di cui si conosce ben poco in quanto poco diffuso. È stato realizzato in Germania dall’Istituto di ricerca di Friburgo nel 1968 e tra i suoi geni compaiono quelli del Riesling e del Pinot Grigio e questo lascia ben sperare sulle sue capacità di invecchiamento.

Noi abbiamo assaggiato l’annata 2018, in commercio da fine 2020.

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